IL NOSTRO DISCO
Missione compiuta
Vocal eXcess - l'Album
Dopo oltre sei anni di vocalizzi, note, canzoni, mal di gola, prove e concerti, nel 2017 ci siamo finalmente decisi a incidere il nostro primo cd.
Si chiama come noi (“Vocal eXcess”) e contiene alcune tra le canzoni del nostro repertorio che più ci stanno a cuore: a noi e a chi ci ascolta e sostiene dal 2010.
Il disco permetterà alla rete delle Case del Quartiere di Torino di beneficiarne direttamente, visto che tutti gli introiti del cd sono destinati alla creazione di corsi e laboratori di musica gratuiti e riservati alle fasce più deboli.
Inciso grazie a un esaltante crowdfunding realizzato sulla piattaforma Musicraiser cui hanno fatto seguito manciate di fine settimana trascorsi in sala di registrazione tra maggio e ottobre, il nostro primo disco è uscito lunedì 18 dicembre (giorno del compleanno di Keith Richards) ed è aperto dalle note immortali di “Satisfaction”. Lo completano altre dieci tracce rappresentative del repertorio che il primo coro rock d'Italia canta con energia fin dalla sua nascita.
Recording sessions
Prima di quel giorno, ben pochi di noi lo avevano già fatto: entrare in uno studio di registrazione, portarsi le cuffie alle orecchie e cantare dentro un microfono. Registrare “il nostro disco” è stata per noi, esercito di cento voci in missione per conto del rock, un’emozione tutta nuova, sorprendente e travolgente. Che ci ha nutrito l’ego per sempre e riempito le domeniche di mezzo 2017 e che vale la pena di raccontare dall’inizio.
Da una tiepida mattina di maggio, quella di domenica 7, primo giorno di registrazione. La sera prima, Patti Smith, la poetessa del rock, musa ispiratrice e autrice dell’anthem “People Have The Power” che chiude i nostri concerti, aveva cantato all’Auditorium Rai di via Rossini e i più ottimisti tra noi ne avevano interpretato l’esibizione come un buon viatico sulla strada del successo. Quindi appuntamento alle ore 10 del mattino davanti al cancello automatico de “Lo Studio”, quartiere Pozzo Strada, a cinque minuti d’auto dal PalaRuffini, sancta sanctorum della musica leggera che negli anni ha visto sfilare tra gli altri Lou Reed e Bob Dylan, i Ramones e i Cure, De André e i Deep Purple. Assieme alla puntualissima e sorridente Teacher si presentano tesi come corde di violino quasi tutti gli uomini del coro, sostenuti e integrati da alcuni contralti. È in programma la prima sessione di registrazione di “Wonderwall”, alla quale nella stessa giornata ne seguiranno altre cinque, riservate al resto dei contralti, ai medi e ai soprani del coro. Le sessioni finiranno dopo le 21 e i più pessimisti tra noi cominceranno a preoccuparsi per la salute fisica e mentale della Teacher.
Ma la prima volta non poteva essere banale! Today it’s gonna be the day, o no? Le note emozionate e strozzate che escono a malapena, la pronuncia (“Mi raccomando! Gat tu du, non Got tu du. Avete capito?”) che prende il sopravvento sull’intonazione, la sorpresa di scoprire la propria voce cucita nel tappeto musicale sul quale s’era cantato un minuto prima. Come ce la siamo cavata, Teacher? La sera stessa e il giorno dopo sono uno tsunami di whatsapp che inghiotte ogni colore e sentimento. Alla fine la Direttrice del coro ci tranquillizza: “È andata alla grande. Bravissimi. Continuiamo così”.
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E continuiamo così per mesi, fino agli ultimi giorni di ottobre. Il plotone di coristi rock occupa Lo Studio di sabato e domenica, frammentato a seconda delle esigenze legate a brani da registrare o perfezionare. I coristi si presentano a gruppi di dieci o dodici, si aspettano sul marciapiede di fronte a un bar che neanche a Caracas ed entrano in cortile facendo attenzione a non schiamazzare, perché in fondo la gente normale di domenica mattina dorme o quantomeno riposa. In settimana, la Teacher, i musicisti e il dominus della sala di registrazione, Leonardo Corradazzi, recuperano le nostre tracce e le completano di par loro.
Lavoriamo tanto e bene, divertendoci un sacco, prendendo rapidamente confidenza con lo studio di registrazione e con il suo mood, giocando a fare le rockstar del giorno di festa. C’è chi dimentica l’auto nel parcheggio del vicino supermercato (di domenica chiude alle 13) e la recupera dopo funamboliche manovre che strappano l’applauso alla gente affacciata sui balconi del palazzo accanto, c’è chi scatena faide familiari rinunciando al fine settimana al mare e chi si presenta vestito a festa perché a mezzogiorno c’è la prima comunione della figlia della cugina e deve poi andare a pranzo a Poirino. E le foto in studio? Diventano un rito da tramandare attraverso la solita, rumorosissima, chat di whatsapp: il giorno di “Born To Be Wild” gli uomini si presentano all’appuntamento indossando improbabili parrucche da rockstar e scatenano la reazione delle girls che, da lì in avanti, si cimenteranno in una clamorosa serie di uscite a tema collegate alla canzone registrata.
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I Vocal eXcess sono così: estemporanei sacerdoti e sacerdotesse della disciplina rock strappati alla vita di tutti i giorni dalla magia dei 4/4, pronti a sacrificare il pranzo dalla mamma come la finale di Champions pur di indossare la maglietta nera col logo grigiobiancorosso e battere le mani (a tempo, si spera) su un palco sufficientemente grande da contenerli tutti.
La copertina del disco è il paradigma del nostro modo di essere: sorridenti, stretti l’uno all’altro e disordinati. In 44 come i gatti (non in fila per sei ma organizzati in quattro cerchi concentrici che abbracciano forte la Teacher), sorpresi dal freddo pungente di una domenica di marzo nel cuore postmoderno di Parco Dora. Siamo appena in 44 perché gli altri avevano da fare: qualcuno lavorava, qualcun altro era altrove (dai Carri fioriti di Sanremo al Gran Balon di Torino) e qualcun altro ancora se n’era semplicemente dimenticato.
Grintosi, imprevedibili, teneri Vocals: su disco, dal vivo, alle prove settimanali della Cascina Roccafranca e della Casa del Quartiere. In fondo siamo davvero il primo coro rock d’Italia, per incontestabile data di nascita e per autoreferenziale distacco.
— Salvo Anzaldi, nov 2018